3 passi per ripartire dal benessere psico-fisico post-lockdown

3 passi per ripartire dal benessere psico-fisico post-lockdown

La diffusione del Coronavirus e l’adozione di misure restrittiva per il contenimento dei contagi può avere un impatto significativo sulla salute mentale della popolazione, facendo registrare livelli elevati di sintomi collegati a stress post-traumatico, disturbi di adattamento, stress percepito, ansia, depressione, insonnia.

È quanto emerge dai primi risultati di uno studio epidemiologico nato dalla collaborazione tra l’Università degli Studi dell’Aquila, l’Università Tor Vergata di Roma ed il progetto “Territori Aperti”1, pubblicati lo scorso 14 Aprile 2020 sul portale Medrxiv2. (tratto da HumanTrainer.com – HT: La Psicologia per Professionisti)

 

Tale studio, condotto su circa 18.000 persone, ha rilevato come oltre un terzo del totale (37%) abbia manifestato sintomi da stress post traumatico, oltre un intervistato su cinque manifesti disturbi di adattamento (22,9%), sintomi da stress percepito (21,8%) e Ansia (20,8%)

 

Alla luce di tali dati, ci confrontiamo con la Dott.ssa Marzia Laurenti, Psicologa del Lavoro e delle Organizzazioni, esperta in Psicologia del Benessere, che dal 2008 si occupa di Valutazione dello Stress lavoro-correlato, che condivide una riflessione su come pianificare la ripresa dopo il lockdown

 

  1. Pensare alle strategie di ripresa che tengano conto del benessere psico-fisico

 

Gli studi sulla salute mentale in Italia sono ancora pochi e in evoluzione, ma tendono a confermare i dati emersi in Cina in seguito al Lockdown, quindi presenza di ansia, depressione e stress post-traumetico, soprattutto nei giovani adulti, nelle donne e nei soggetti danneggiati dal punto di vista socio-economico.

Alla luce di questi dati emerge quanto sia importante cominciare sin da subito a pensare e applicare strategie di ripresa che tengano conto anche del benessere psico-fisico delle persone, progettate in modo specifico per le aziende e i lavoratori.

 

  1. Effettuare valutazioni approfondite del rischio stress lavoro correlato

In questa circostanza le Organizzazioni possono davvero fare la differenza, prendendosi cura delle loro persone, al di là dall’obbligo di legge del D.Lgs. 81/08, che impone di effettuare la Valutazione del rischio stress lavoro-correlato ogni 2 anni, ovvero ogni qualvolta intervengano cambiamenti importanti.

Il Covid-19 ha imposto cambiamenti organizzativi eccezionali, quali: telelavoro, smart working, cassaintegrazione. Oggi è saggio rilevare i livelli di stress lavoro-correlato dovuti da un lato a tali cambiamenti, dall’altro a isolamento sociale, ansia da rientro, timori legati alla eventuale perdita del lavoro.

 

  1. Non sottovalutare i rischi di disturbi post-traumatici

Pianificare il rientro sottovalutando la possibile presenza di un disturbo post-traumatico in parte della popolazione, potrebbe avere una ricaduta negativa a lungo termine sulla salute e quindi sull’efficienza dei lavoratori, in un momento in cui invece è richiesto massimo impegno da parte di tutti per agevolare la ripresa.

Effettuare la valutazione dello stress lavoro-correlato permette di rilevare il livello di stress/benessere, fornendo alle aziende le informazioni necessarie per:

  • non rischiare un peggioramento della salute mentale in persone che presentano alti livelli di ansia, depressine o stress post-traumatico;
  • sfruttare al meglio gli individui più resilienti, che non hanno sofferto particolarmente il Lockdown e sono pronti a dare il meglio di loro stessi, anzi hanno necessità di “fare” per stare bene.
  • Far emergere vantaggi/svantaggi dello smart working, eventuali nuove opportunità emerse sfruttabili anche in futuro.

 

Queste informazioni possono quindi fare la differenza nella definizione di nuove strategie organizzative, nella distribuzione dei carichi di lavoro e impegni, coniugando con massima efficienza obiettivi aziendali e esigenze del singolo in un’ottica win win, oggi più che mai necessaria per dare nuova energia alle aziende e alle persone.

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