QUALCOSA E’ CAMBIATO…? Smart working, formazione a distanza e questioni di genere. Facciamo un bilancio

QUALCOSA E’ CAMBIATO…? Smart working, formazione a distanza e questioni di genere. Facciamo un bilancio.

Dopo il successo del seminario dello scorso Martedì, 22 Novembre, organizzato da Poliedra Progetti Integrati, Consorzio Spazio Formazione e Fondazione Giuseppe Di Vittorio  “QUALCOSA E’ CAMBIATO…? Smart working, formazione a distanza e questioni di genere. Facciamo un bilancio”, ripercorriamo insieme le tematiche trattate e i principali punti salienti.

SMART WORKING E SMART LEARNING

In un contesto in cui la conoscenza rappresenta un fattore di crescita della produttività, diventa cruciale disporre di una forza lavoro più competente e qualificata e in grado di adattarsi facilmente ai continui cambiamenti del mercato del lavoro.

Quali caratteri assume il lavorare?

Quali sono le conseguenze della digitalizzazione sulla struttura del mercato del lavoro, in termini di skill richiesti e di occupazione?

Con la diffusione delle tecnologie digitali, si immagina un sostanziale e diffuso miglioramento nel contenuto delle mansioni, verso l’alto.

Si rileva una crescita delle occupazioni che si collocano in cima alla gerarchia occupazionale e che richiedono competenze altamente qualificate (come ad esempio quelle svolte da manager e professionisti) e, contemporaneamente, una riduzione delle occupazioni intermedie (come ad esempio quelle svolte da impiegati e operai).

La sfida maggiore per le politiche sociali e i sistemi di welfare europei è quella di riuscire a fornire ai lavoratori e alle lavoratrici le competenze necessarie per svolgere le nuove e più qualificate occupazioni emergenti puntando soprattutto su istruzione, formazione e qualificazione continua della forza lavoro.

Secondo il Rapporto annuale ISTAT 2022 (CAPITOLO 4. LE DIVERSE FORME DELLA DISUGUAGLIANZA), nel mercato del lavoro italiano si è ridotta l’occupazione standard, a tempo pieno e durata indeterminata, con la progressiva diffusione di modalità ibride di lavoro.

Ciò si riflette in un peggioramento della qualità complessiva dell’occupazione.

Il combinarsi di bassa retribuzione oraria e di contratti di lavoro di breve durata e intensità si è tradotto in livelli retributivi annuali decisamente ridotti, determinando anche condizioni di forte disagio economico a livello familiare.

L’occupazione indipendente e l’occupazione dipendente hanno perso il loro carattere mutuamente esclusivo, collocandosi tra i due poli di un continuum nel quale sono rintracciabili forme di occupazione con caratteristiche proprie sia del lavoro dipendente sia del lavoro autonomo.

La formazione sta assumendo sempre più una funzione aziendale strategica, con le crescenti necessità di aggiornamento, riconversione e riqualificazione della forza lavoro.

L’apprendimento, in contesti di lavoro innovativi e digitalizzati, tende ad integrarsi nel lavoro quotidiano (Bersin et al., 2019), dando vita ad una formazione fruibile rapidamente e nel momento del bisogno, erogata attraverso moduli brevi e mirati, di facile comprensione (micro-learning e, in senso più ampio, smart learning).

Il bisogno emergente di formazione avanzata lungo tutto l’arco della vita della forza lavoro, trova corrispondenza nella formazione informale, ed in quello che oggi viene chiamato smart learning.

Questo concetto innovativo di formazione permette ai lavoratori di essere formati in modo più flessibile e personalizzato.

Nello specifico, lo Smart Learning cos’è?

Lo smart learning, o apprendimento agile, è una modalità di formazione aziendale libera da vincoli temporali e spaziali,  pertanto facilita il personale nel conciliare i tempi di lavoro e di apprendimento, favorendo la produttività e la ritenzione delle nuove competenze.

Predisporre un ambiente di formazione in smart learning significa ridisegnare il concetto di formazione aziendale, creando percorsi di apprendimento flessibili e adatti alla fruizione tramite dispositivi digitali. Lo smart learning è spesso costruito secondo il concetto di “micro-learning“, ovvero formazione in pillole. Ciò è particolarmente utile ad ottimizzare i tempi nell’ottica di un apprendimento permanente e una crescita costante sul posto di lavoro.

IL LAVORO AGILE

Vediamo ora com’è cambiato il mondo del lavoro con il “lavoro agile”.

L’emergenza sanitaria ha determinato uno sconvolgimento della vita di ognuno di noi, a partire dall’isolamento, modificando anche il modo di lavorare. Sull’onda dell’emergenza, molte lavoratrici e lavoratori si sono trovati a cimentarsi e sperimentare il lavoro da remoto. E adesso?

Le indagini realizzate negli ultimi due anni hanno fornito un supporto alla comprensione di questa modalità di lavoro e più in generale sul rapporto vita-lavoro. Il distribuirsi nel tempo dei dati consente di offrire una chiave di lettura per “momenti”, ossia di come stanno cambiando le percezioni, gli atteggiamenti e i desideri delle lavoratrici e dei lavoratori nel corso di questi mesi/anni.

Quando il lavoro è agile?

La Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016, facendo riferimento a concetti più ampi, lo definisce come un nuovo approccio all’organizzazione del lavoro basato su una combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione.

In Italia ne è stata elaborata la definizione quale “modello di organizzazione del lavoro che si basa sulla maggiore autonomia del lavoratore che, sfruttando appieno le opportunità della tecnologia, ridefinisce orari, luoghi e in parte strumenti della propria professione. È un concetto articolato, che si basa su un pensiero critico che restituisce al lavoratore l’autonomia in cambio di una responsabilizzazione sui risultati, mentre il telelavoro comporta dei vincoli ed è sottoposto a controlli sugli adempimenti”

Lo smart working costituisce una grande opportunità che, tuttavia, non per tutte le attività e non per tutte le aziende risulta praticabile con risultati complessivamente positivi.

E’ fondamentale accompagnare l’avvio di un progetto di smart working con iniziative formative – non solo sulla sicurezza – rivolte a lavoratori e manager coinvolti, avendo ben presente che la migliore operatività degli smart worker si realizza con la guida di smart manager.

E, infatti, fondamentale la capacità:

  • di gestire i rapporti
  • di individuare/definire/assegnare/condividere gli obbiettivi
  • di fornire riscontri sui risultati
  • di progettare momenti di socializzazione per mantenere coesione e senso di identità aziendale

Imparare a lavorare in modalità agile significa:

  • un investimento tecnologico e in infrastrutture
  • un investimento in informazione, aggiornamento e formazione (lavoratori/trici e responsabili)
  • un rafforzamento della dimensione relazionale e collettiva del lavoro
  • una innovazione negli stili di leadership/management, ruolo dei responsabili intermedi, cambia la piramide gerarchica aziendale (dove sono i sottoposti?)

Inoltre, per una giusta conciliazione di vita-lavoro occorrono un nuovo welfare, una nuova idea della cura e del benessere, gestioni diverse per fasi di vita ed età, ambienti,  città e mobilità sostenibili, contrattazioni inclusive, una valorizzazione della “partecipazione” più che della “presenza” e nuovi diritti e nuove tutele.

QUESTIONI DI GENERE NELLE ORGANIZZAZIONI

Secondo l’ultimo rapporto sulla parità di genere del World Economic Forum (WEF, 2021), nessun Paese al mondo ha colmato i divari di genere.

La parità di genere viene valutata attraverso quattro dimensioni: economia, istruzione, salute e politica.

Il primo luglio è stato pubblicato il Decreto del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri del 29 aprile scorso che richiama espressamente la prassi UNI/PdR 125:2022 come strumento di riferimento per ottenere la certificazione per il Sistema di Gestione della parità di genere nelle organizzazioni.

Il tema cardine su cui si muove la prassi di riferimento è quello del divario di genere traguardato a livello internazionale attraverso quattro dimensioni costituite da economia, istruzione, salute e politica e rappresentanza. L’obiettivo è quello di attuare interventi che consentano di colmare i gap attualmente esistenti sulle questioni in richiamo, considerando che a livello globale l’Italia si colloca ad un ben poco lusinghiero 63° posto della classifica che considera come valori l’inclusione, la sostenibilità, il work-life balance.

Allarma per il nostro Paese soprattutto il basso tasso di occupazione femminile che ci colloca a livello mondiale al 114° posto, tra gli ultimi in Europa seguiti da Grecia e Malta, nonostante il generale alto tasso di scolarizzazione anche di alto profilo, pure se permane una scarsa presenza femminile su percorsi di laurea STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica). Per le occupate salario e tipologia di lavoro fanno la differenza rispetto agli occupati uomini. Un positivo cambiamento si è registrato negli ultimi dieci anni in Italia per quanto riguarda la presenza femminile nei CdA e nei collegi sindacali, che a partire da un 7% si attesta oggi al 39%.

Negativo invece l’impatto prodotto dal periodo pandemico sull’occupazione femminile, prevalentemente nei settori dei servizi e dell’assistenza, con un aumento significativo per le donne dell’impegno domestico e di cura.

L’obiettivo della parità di genere è ormai stato acquisito a livello istituzionale, nazionale e internazionale, imponendosi pertanto ora la sua integrazione tra gli obiettivi aziendali.

La norma in esame indica strumenti e indicatori prestazionali per affermare e misurare politiche di parità di genere nelle organizzazioni, attente a favorire un ambiente di lavoro che rifiuti stereotipi, discriminazioni, ogni forma di abuso fisico, verbale, digitale e proponga invece una cultura della diversità e dell’inclusione in un’ottica di cambiamento sostenibile e durevole nel tempo.

Il sistema aziendale deve consentire di perseguire e continuamente migliorare:

  • opportunità di crescita in azienda a parità di retribuzioni;
  • politiche per la gestione della genitorialità e della conciliazione vita-lavoro;
  • politiche inclusive di gestione dei processi aziendali.

La politica di parità di genere aziendale, deve essere definita dall’Alta Direzione, in coordinamento con il comitato guida, comunicata e diffusa all’interno dell’organizzazione ed alle proprie parti interessate.

Deve essere anche oggetto di formazione e sensibilizzazione al management aziendale, coordinata da una figura responsabile e revisionata o confermata periodicamente in fase di revisione sulla base degli accadimenti, dei cambiamenti e dei risultati dei monitoraggi e delle verifiche.

Gli indicatori a supporto delle attività, e che la UNI/PdR 125:2022 puntualizza in modo dettagliato in prospetti, devono caratterizzarsi per essere percorribili, pertinenti e confrontabili e riguardare le seguenti 6 Aree strategiche:

  1. Cultura e strategia (con peso dell’Area rispetto alla valutazione complessiva pari al 15%);
  2. Governance (con peso pari al 15%);
  3. Processi HR (con peso pari al 10%);
  4. Opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda (con peso pari al 20%);
  5. Equità remunerativa per genere (con peso pari al 20%);
  6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (con peso pari al 20%).

Si prevede l’applicazione di indicatori di natura quantitativa e qualitativa, secondo un principio di proporzionalità coerente con la dimensione e la complessità dell’organizzazione e del settore ATECO di appartenenza, e di misurare il grado di maturità della stessa attraverso un monitoraggio annuale e una verifica ogni due anni dello stato di avanzamento delle performance.

L’organizzazione deve inoltre attuare le azioni ed i monitoraggi definiti in un piano strategico, fornendo istruzioni scritte sulle modalità di attuazione e di monitoraggio, ove applicabile, e formazione generale e specifica, a tutti i livelli, inclusi quelli contro i pregiudizi e gli stereotipi legati al genere.

Per concludere.

La vita ci mette in continuazione davanti a sfide difficili da superare per migliorare sia dal lato umano che professionale. Come poterle affrontare in modo efficace senza una adeguata preparazione? Ecco perché pensiamo che la formazione aziendale sia un elemento fondamentale per far crescere le aziende: il rischio non è solo quello di rimanere fermi davanti ad un contesto economico molto competitivo e in continua evoluzione.

La formazione del personale aumenta il valore dell’impresa, migliora l’immagine aziendale, aumenta la motivazione del personale.

Le organizzazioni sono sempre più chiamate ad avvalersi della formazione per fare evolvere le risorse umane, che rappresentano il capitale umano dell’impresa. In questo modo la formazione aziendale offre alle aziende l’opportunità di affrontare e superare le sfide del presente per guardare a un futuro fatto di crescita, progresso e successi.