La felicità al lavoro per il benessere e la produttività

La felicità al lavoro per il benessere e la produttività

Il post pandemia ha evidenziato la necessità di prendersi cura del benessere dei lavoratori. La soluzione, come si è visto, non consiste semplicemente nell’implementare lo smart working ma nella necessità di riportare l’empatia nei luoghi di lavoro. Le persone devono essere accompagnate in un processo di crescita e creare legami lavorativi basati sulla fiducia reciproca, aumentando così il senso di appartenenza. Cosa bisogna fare?

LO SMART WORKING E IL BENESSERE AZIENDALE

Uno strumento a cui si è ricorso in particolare durante la pandemia è lo smart working, il «lavoro agile». L’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano afferma che lo smart working «implica lo sviluppo di una nuova cultura del lavoro che non riguarda lo svolgere attività in modo tradizionale con la sola aggiunta di nuove tecnologie e con il supporto di uffici riprogettati. Riguarda nuovi modi di lavorare usando nuovi strumenti, nuovi processi e nuovi approcci al management e al lavoro di squadra». Durante la pandemia in molti si sono trovati dal nulla a lavorare da casa, senza aver ricevuto un minimo di preparazione. L’attuazione dello smart working in questo modo rischia di non portare alcun beneficio.

In realtà, se ben organizzato, lo smart working, o lavoro agile, può contribuire al benessere aziendale in diversi modi. Ecco alcuni dei vantaggi legati all’implementazione dello smart working per promuovere il benessere dei dipendenti:

Flessibilità e bilanciamento tra lavoro e vita privata: Lo smart working consente ai dipendenti di gestire in modo più flessibile il proprio tempo, adattando gli orari di lavoro alle proprie esigenze personali. Ciò può favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, consentendo ai dipendenti di dedicare più tempo alla famiglia, agli hobby o alle attività di cura personale. Questo può ridurre lo stress e migliorare la qualità della vita complessiva dei dipendenti.

Riduzione dello stress legato agli spostamenti: Lavorare da casa o da altri luoghi esterni all’ufficio può evitare il tempo e lo stress associati agli spostamenti pendolari. Senza la necessità di affrontare il traffico o i trasporti pubblici affollati, i dipendenti possono godere di una maggiore tranquillità e risparmiare tempo prezioso. Questo può influire positivamente sul loro benessere mentale e fisico.

Maggiore autonomia e controllo: Lo smart working spesso implica una maggiore autonomia nella pianificazione del lavoro e nell’organizzazione delle attività quotidiane. I dipendenti possono avere più controllo sulle proprie responsabilità e sulle modalità di completamento dei compiti. Questo può portare a una maggiore soddisfazione lavorativa e un senso di realizzazione personale.

Riduzione dell’assenteismo e dell’attrito del personale: L’opportunità di lavorare in modalità smart working può ridurre l’assenteismo dovuto a malattie o altri impegni personali. I dipendenti potrebbero sentirsi più motivati e impegnati se possono lavorare in un ambiente più confortevole e adattato alle loro esigenze. Ciò può contribuire a una maggiore retention del personale e ridurre il turnover aziendale.

Maggiore produttività e concentrazione: Per alcuni dipendenti, lavorare in un ambiente tranquillo e familiare può favorire la concentrazione e la produttività. Senza le distrazioni tipiche dell’ufficio, come le interruzioni dei colleghi o le riunioni frequenti, i dipendenti potrebbero essere in grado di completare le loro attività in modo più efficiente e concentrato.

Tuttavia, è importante sottolineare che lo smart working non è adatto a tutti i ruoli o a tutte le persone. Alcuni dipendenti potrebbero preferire l’ambiente e l’interazione sociale dell’ufficio, mentre altri potrebbero avere difficoltà a separare il lavoro dalla vita personale quando lavorano da casa. È fondamentale che le organizzazioni valutino attentamente le esigenze dei dipendenti e offrano supporto adeguato, come linee guida per lo smart working, strumenti di collaborazione online e comunicazione efficace, per garantire il successo e il benessere di tutti i dipendenti coinvolti.

IL MANIFESTO DELLA FELICITA’ AL LAVORO

Ma cos’altro può agevolare il benessere al lavoro? Cosa vuol dire poi un luogo di lavoro felice? A fare chiarezza ci ha pensato Alexander Kjerulf, che con la sua organizzazione, aiuta le aziende a garantire benessere ai propri dipendenti. Kjerulf ha creato un Manifesto dove, in 25 punti, spiega quello che bisogna sapere per essere felici sul luogo di lavoro. Ecco alcuni dei punti più interessanti del manifesto, che dovrebbero essere recitati come un mantra.

  1. La felicità al lavoro è una mia responsabilità. Anche se il capo, i dipendenti e i colleghi, contribuiscono alla mia felicità sul luogo di lavoro, la responsabilità del mio benessere è mia e soltanto mia.
  2. So che la mia felicità sul lavoro determina la mia felicità nella mia vita. Una cattiva giornata di lavoro non può essere totalmente scrollata di dosso quando si torna a casa. Mentre una giornata di lavoro buona in ufficio mi offre energia per trascorrere una grande serata. E una settimana di lavoro soddisfacente mi dà la carica per affrontare un weekend felice.
  3. So che la felicità sul lavoro non arriva dall’assenza di aspetti negativi in ufficio. Tutti i luoghi di lavoro hanno persone spiacevoli con cui avere a che fare, clienti troppo esigenti e altri fattori di stress. Quello che devi fare è ridurre più che puoi la negatività, ma non potrai mai del tutto eliminarla. Se aspetti che lo stress scompaia, non sarai mai felice.
  4. Do prima degli altri. Se penso che gli altri non mi apprezzano, devo essere io ad apprezzare loro. Se gli altri non mi ascoltano, devo prestare prima io orecchio alle loro parole. Sono io a dare il buon esempio.
  5. Il migliore modo per essere felici a lavoro è rendere felici gli altri. Non avrebbe alcun senso lavorare per essere l’unica persona felice in ufficio. La felicità è contagiosa. E la perderei subito se fossi l’unico ad averla.

LA FIGURA DEL CHIEF HAPPINESS OFFICER

La figura del Chief Happiness Officer (CHO) è nata alcuni anni fa negli USA (dove la felicità è un diritto costituzionale) e sta prendendo sempre più piede all’interno della grandi organizzazioni internazionali. Ma chi è e cosa fa questo “manager della felicità”?

La sua figura è trasversale ai diversi compartimenti aziendali e ha come compito e obiettivo il benessere comune dei lavoratori e delle organizzazioni.

Il CHO misura il livello di felicità dei dipendenti e identifica e mette in atto strategie e politiche di welfare per allenarlo e svilupparlo. La sua azione si sviluppa dall’analisi del contesto per individuare strategie sostenibili per aumentare la soddisfazione dei dipendenti e permettere all’azienda di crescere, migliorare e incrementare il proprio fatturato.

In buona sostanza il CHO ascolta i dipendenti e dialoga con loro, riconosce e analizza le necessità del gruppo di lavoro, agevola la comunicazione, si assicura dell’esistenza e del rispetto dei diritti di base, sostiene la libertà di tempo, spazio e parola e promuove la crescita e la mobilità.

In tal senso, collabora con la dirigenza per valorizzare i percorsi di carriera, mettendo a punto programmi formativi ad hoc.

C’è molto interesse dal punto di vista aziendale su questi argomenti. Persone felici producono di più e ciò significa più reddito e più entusiasmo.

 

LA FELICITA’ PAGA

Competitività e successo delle imprese, oltre che per il raggiungimento di specifici obiettivi aziendali, passano anche, e forse soprattutto, per il grado di felicità, soddisfazione e coinvolgimento delle proprie risorse.

Ma la felicità non può diventare un’etichetta, un bollino da applicare a un’azienda, un certificato di garanzia, ma deve riguardare le singole persone e come esse vivono l’esperienza del lavoro. Un’azienda che si muove verso la ricerca della felicità dei propri dipendenti è illuminata: è il tema della responsabilità sociale. Il profitto per il profitto non può essere il fine ultimo.

Per concludere, essere felici al lavoro non solo si può, ma rappresenta una grande opportunità di sviluppo per tutte le organizzazioni e i leader che le guidano.